In un gioco di attrazione e repulsione, la filosofia, nel corso del Novecento, ha variamente dialogato con la psicoanalisi, sia freudiana che lacaniana. Più che dialogare, o ipotizzare delle ibridazioni più o meno feconde, si tratterebbe però di accogliere la psicoanalisi in seno alla filosofia riconoscendone l’assoluta estraneità, prendendo cioè sul serio il fatto che la psicoanalisi è una “scienza senza sapere”. In virtù di tale rispecchiamento nel suo altro, il sapere filosofico acquista la possibilità di vedere la macchia cieca che lo abita quando esso articola la questione della fondazione. In questo libro la posta in gioco è data proprio dalla necessità di un rilancio della fondazione trascendentale che mostri, nel suo farsi, il carattere infondato del gesto che interroga le condizioni di possibilità del pensabile.
L’inquietudine dell’analista.
Teoria e pratica analitica
Questo volume raccoglie diversi scritti, articoli, saggi e riflessioni accomunati dalla presenza costante di una tensione, di un desiderio antico – forse infantile – di sapere, di conoscere, ma anche dalla consapevolezza dei limiti della nostra possibilità di indagine dell’animo umano. Ebbene, questa tensione non poteva essere meglio descritta se non con il termine di “inquietudine”, senza voler dare a questa parola un significato negativo, tutt’altro, ma proprio come ad indicare quella spinta inesausta e costante che nasce dall’interno dell’individuo e che lo accompagna poi per tutta la vita. Spinta debitrice di tutto ciò da cui questa inquietudine deriva, ovvero degli oggetti che sono quelli propri della psicoanalisi, tenuti insieme da una sorta di “filo comune”, che concerne la pratica e la teoria analitica: in altre parole, le domande sottese a questi testi riguardano il modo in cui si realizza quel passaggio tra l’esperienza che deriva dal lavoro clinico e la sua traduzione in riflessione e teorizzazione.
Non farti fottere. Come il supermercato del porno online ti ruba fantasia, desiderio e dati personali
Per generazioni di ragazzi, il porno è ormai la principale forma di educazione sessuale. Fin da bambini può capitare inatteso sui loro device con un pop-up e ben presto cominciano a cercarlo e a nutrirsene, scambiando per realtà quella che è solo fiction, a volte estrema. Per gli adulti è una forma di intrattenimento come un’altra, magari usata per dare un po’ di pepe alla vita di coppia. Risultato: la macchina del porno macina miliardi, grazie a siti che sono tra i più visitati al mondo. Ma si tratta davvero di un mercato qualunque? Questo libro ricco di dati, notizie e interviste ai protagonisti spiega perché no, non lo è. Racconta chi sono davvero i discreti padroni degli aggregatori pornografici. Indaga i percorsi professionali, i meccanismi economici, le implicazioni sociali di un fenomeno cresciuto fino a raggiungere dimensioni colossali. Denuncia le storie di sfruttamento e violenza. Fa chiarezza sui temi più problematici, come l’uso e l’abuso dell’intelligenza artificiale e la compravendita dei nostri dati personali. Senza falsi pudori né pregiudizi, Lilli Gruber mostra in queste pagine come sia il porno a usare noi, e non viceversa. Per invertire la rotta occorre aprire un dibattito, spezzare il silenzio delle istituzioni e chiedere innanzitutto un’educazione sentimentale e sessuale per i nostri figli e misure per la trasparenza delle pratiche economiche del settore. E impegnarci per recuperare i beni preziosi che la peggiore pornografia online ci ha rubato: l’erotismo, il desiderio e la creatività.
Acting out e passaggio all’atto
Nel 1914 Sigmund Freud pubblicò Ricordare, ripetere e rielaborare, un saggio fondamentale che pose fine all’epoca inaugurale della psicoanalisi, l’epoca segnata dall’entusiasmo per l’invenzione di un metodo di cura rivoluzionario, inedito, innovativo, basato sull’efficacia terapeutica della parola. In questo senso, il 1914 può essere considerato un anno di svolta: la potenza della talking cure venne clamorosamente ridimensionata dalle osservazioni cliniche che mettevano in primo piano la tendenza dell’analizzante a ripetere piuttosto che a ricordare, ad agire piuttosto che a parlare. Di questa spinta all’atto, la psicopatologia contemporanea presenta una molteplicità di forme che, in alcuni casi, sfidano le possibilità stesse dell’analisi: acting out, coazioni a ripetere e disregolazione emotiva e comportamentale caratterizzano e corrodono percorsi di cura con pazienti che ci appaiono sempre meno capaci di ‘mettere in parola’. Sarà, dunque, la centralità della dimensione dell’atto nel processo analitico l’oggetto di studio del Corso. Attraverso le tre relazioni teoriche e il commento dei casi presentati, saranno approfondite le più importanti questioni teoriche e cliniche implicate nei diversi fenomeni del passaggio all’atto e dell’acting out.
Introduzione di Anna Zanon.
Contributi di Domenico Cosenza, Emanuela Mundo, Franco Lolli.
I capitoli sono disponibili anche singolarmente a questo link.
Nel vuoto del tempo.
La crisi della coscienza europea negli anni Venti e Trenta del Novecento
Gli autori considerati in questo libro si confrontano con la crisi radicale della cultura europea negli anni Venti e Trenta del Novecento, segnati dalla diffusione del fascismo come stato d’animo e come ideologia. È un tempo sospeso, in cui ogni forma di pensiero e di arte è investita da quella che – nei termini di Ernesto De Martino – è una profonda apocalisse culturale. Per molti aspetti è possibile leggere nell’inquietudine di quegli anni alcuni tratti affini al presente che stiamo vivendo.
Le zattere di Ulisse. Dieci psicoanalisti interpretano i luoghi, le donne, i miti dell’Odissea
Ogni vita umana è un’odissea: è questo che ci evoca la figura di Ulisse. L’eroe greco percorre i paradossi dell’esistenza umana stessa, in un viaggio nel quale – come Sisifo – è guidato dall’esigenza della curiosità, intesa come ricerca della conoscenza e della verità. Un cammino in cui si può naufragare ma al quale non ci si può sottrarre, che spinge oltre i limiti e rende più vicino il “folle volo”. Un viaggio guidato dal desiderio di sapere ma che rappresenta allo stesso tempo lo smarrimento, la perdita di sé e dei propri confini, in cui si accetta di riconoscere la propria fallibilità. Dieci psicoanalisti di differente visione si confrontano, in questo libro, con la figura di Odisseo, il suo viaggio, le donne, gli amori, provando a mettere in luce la sua complessità di “eroe moderno” anzi antico. Le figure femminili di Penelope, Circe, Nausica, le distanze con Itaca e per Itaca. Ulisse nella sua dimensione di uomo, padre, marito, amante, alla ricerca del proprio simbolico alfabeto per orientarsi tra la “terra ferma” e “l’alto mare aperto”, le partenze, le separazioni e i ritorni. Narrare sapendo che la condizione necessaria per conoscersi è la solitudine della navigazione e l’ampiezza della sua onda: da qui la psicanalisi che aiuta alla ricerca di una possibile soglia di interpretazione nel fluttuare della zattera psichica.
Là fuori. La filosofia e il reale
La filosofia comincia “là fuori”, aprendo porte e finestre. Sempre più spesso il nostro tempo ci mette di fronte ad eventi collettivi traumatici, come la pandemia o la crisi socio-ambientale. Un reale dai tratti così spaventosi induce a modificare l’idea tradizionale di filosofia come esercizio intellettuale contemplativo, sereno e metodico. Ma forse ciò che accade “là fuori”, che si tratti di una natura violenta o di una corporeità non addomesticabile, può essere l’occasione per un pensiero non soltanto critico, ma anche creativo.
Partendo da alcune affermazioni di Deleuze e Guattari, passando attraverso differenti autori e pratiche artistiche, letterarie, cinematografiche, questo libro descrive il compito della filosofia come un’invenzione di concetti che sfidano a volte il senso comune. La pratica filosofica risuona allora con quella estetica, nel suo essere creativa ma anche in quanto teoria della sensibilità. Il pensiero inizia infatti da un incontro con il sensibile, in risposta alle urgenze che arrivano dal presente e dalla dimensione extrafilosofica.
Daniela Angelucci insegna Estetica all’Università Roma Tre. È codirettrice del Master Environmental humanities – Studi dell’ambiente e del territorio. Tra le sue pubblicazioni: Deleuze e i concetti del cinema (Quodlibet, 2012), Filosofia del cinema (Carocci, 2013). Per Edinburgh University Press ha inoltre curato Deleuze in Italy (2019).
The End of Analysis
Libro in lingua inglese, non ancora tradotto in italiano
Questo libro interroga il “fine dell’analisi” nel pensiero psicoanalitico da Freud a Lacan. Dimostra che le nozioni di lutto, rinuncia, liquidazione del transfert e attraversamento della fantasia non possono servire come soluzione per il complesso di castrazione (cioè centrali nella nevrosi), ma sono piuttosto preda del complesso di castrazione stesso. Mostra come la psicoanalisi rimane incompleta finché non le ha superate come fantasie sostenute dall’ideologia psicoanalitica. In altre parole, si sostiene che il procedimento analitico deve far uscire la psicoanalisi da questa tradizione terapeutica per completarsi e avviare un tentativo di rinnovamento. Il libro rivisita ugualmente le basi di Freud e Lacan nel progetto dell’Illuminismo, al fine di formulare il problema del transfert su fondamenti dialettici adeguati – vale a dire, il meccanismo di alienazione da Cartesio a Hegel, il concetto di angoscia di Kierkegaard, così come i concetti di autorità e valore in Durkheim, Mauss e Marx. In tal modo, fornisce nuove intuizioni che piaceranno ai professionisti, così come agli studiosi di psicoanalisi e filosofia.