Pubblichiamo l’intervento che – sul sito dell’Institut Histoire et Lumières de la Pensée – Élisabeth Roudinesco ha dedicato al dossier de «L’Express» Faut-il en finir avec la psychanalyse?
Ringraziamo l’Autrice e il sito (www.ihldp.com) per la gentile concessione.
(Traduzione di Luigi Francesco Clemente e Franco Lolli)
Nel momento in cui Parigi si abbandonava con delizia alla felicità olimpica, il settimanale «L’Express», sotto la direzione del suo vice caporedattore, decideva, in un numero doppio (8-21 agosto), di dedicarsi al suo sport preferito: farla finita con la psicoanalisi. Abbandonando l’Olimpo e gli Olimpici, l’affiatata compagnia, composta dai suoi cronisti abituali, si è data alla pazza gioia. In nome della scienza, si sono fatti inquisitori volti a cacciare fuori dalla Francia l’infame tribù freudiana, quell’esercito di complottisti e ciarlatani installati da troppo tempo in tutte le sfere della società con l’obiettivo di distruggere la civiltà occidentale a colpi di gergo, pseudoscienze e medicine alternative.
È quindi necessario «suonare il campanello d’allarme» (p. 22), ma anche cacciare dagli schermi Eric Toledano e Olivier Nakache, il cui successo nella serie televisiva En thérapie prolunga artificialmente la durata di vita della disciplina maledetta: grazie a loro, quindi, «la psicoanalisi ha ancora bei giorni davanti a sé». (p. 37)
Il problema in questa faccenda è che nessuno degli autori di questo delizioso fuoco di paglia è stato in grado di fornire il minimo dato sullo stato reale della psicoanalisi in Francia e nel mondo. Nessuna informazione sul numero di psicoanalisti, sulle loro associazioni, sul loro livello di studio o sul loro radicamento sociale. Sono psicologi, psichiatri, psicoterapeuti? Chi sono? Nessuno lo sa, poiché qui vengono definiti come un branco anonimo di guru infiltrati nell’apparato statale (p. 35), nelle nostre coscienze, nelle nostre anime, nei nostri corpi, presso gli editori, nei media e in tutta la stampa francese… Ad eccezione de «L’Express» (pp. 21, 22, 37). Vengono insultati post mortem Octave Mannoni e François Roustang. Quale crimine hanno commesso? Quello di non essere valutabili, essendo uno filosofo e l’altro gesuita (p. 21).
Tale è l’approccio cosiddetto scientifico dei nostri estirpatori, i cui testi sono pieni zeppi di errori. Per esempio, costoro sono fermamente convinti che la psicoanalisi esista solo a Parigi e a Buenos Aires e che altrove nessuno dia la minima importanza a questa diavoleria, dimenticando tra l’altro che essa è presente in più di quaranta paesi e che è in Brasile che viene insegnata di più nelle università. A tutto questo si aggiunge una sfilza di citazioni false, di affermazioni distorte, fuori dal loro contesto, e di riferimenti bibliografici errati, in particolare riguardo allo storico Henri F. Ellenberger, ripubblicato da Fayard nel 1994 grazie al mio lavoro e a quello di Olivier Bétourné (p. 26). Sono così ossessionati dal «complesso di Edipo» che sembrano ignorare l’esistenza di Sofocle. Chi è il re di Tebe? Domanda senza importanza ai loro occhi, poiché le tragedie greche non sono scientificamente convalidate. E poi, affermano, il desiderio di incesto con la madre non è mai esistito in nessuna società poiché nessuna perizia ne ha mai fatto menzione. A loro modo di vedere, «esso è concepibile solo se si invoca l’inconscio e si gioca con simboli e giochi di parole». (p. 27). In altre parole, l’inconscio non è altro che un’invenzione uscita dal cervello malato di Freud.
Di conseguenza, gli autori del dossier non sentono alcun bisogno di menzionare il nome di quanti – tra i grandi imbecilli del XX secolo – si sono lasciati ingannare dalla «pseudo-scienza» viennese: Thomas Mann, Stefan Zweig, Romain Rolland, Albert Einstein, André Breton, ecc. Neppure una parola sui lavori dei pensatori che hanno criticato seriamente la psicoanalisi o il suo fondatore: Herbert Marcuse, Jean-Paul Sartre, Gershom Scholem, Jean-Pierre Vernant, Theodor Adorno, ecc.
Ancora più sorprendente, essi attaccano la co-fondatrice del loro stesso giornale, Françoise Giroud, accusata di essere stata «stregata» da Jacques Lacan (p. 21), proprio come Michel Foucault, altro cretino del XX secolo.
Osiamo ricordare alla gioiosa squadra le sottili parole che un giorno pronunciò la grande donna la cui memoria costoro oggi calpestano e senza la quale non esisterebbero: «Lacan, Jacques Lacan. Gli devo ciò che ho acquisito di più prezioso, la libertà, quello spazio di libertà interiore che, al suo termine, offre una psicoanalisi ben condotta. Se fossi finita nelle mani di Lacan a venticinque anni, il corso della mia vita sarebbe probabilmente stato sconvolto. Avrei saputo guardarmi vivere e ridere dolcemente di me stessa, sarei stata più amichevole con me stessa invece di fustigarmi continuamente, avrei amato altri uomini, non avrei creato “L’Express”… Non rimpiango nulla, come canta Edith Piaf, nulla di nulla, ma quando ho chiesto aiuto a Lacan, stavo affondando sotto il peso delle parole represse, delle grida ingoiate, delle condotte obbligate, della faccia da salvare, sempre quella sacra faccia. A quarant’anni, poco più, non ero più in grado di vivere. Avevo fallito un suicidio…» (F. Giroud, Leçons particulières, 1990, p. 123).
Ma cosa è successo a «L’Express»? Il caporedattore e il proprietario di quello che fu un magnifico giornale, ma le cui vendite oggi, si dice, sono al minimo storico, hanno dato un’occhiata al contenuto di questo dossier?
Hanno almeno guardato la copertina? Hanno preso atto dell’abiezione che ne deriva? Una grafica postmoderna che sembra ispirata alle serigrafie di Andy Warhol. Su uno sfondo arancione, sotto il titolo in caratteri neri (Bisogna farla finita con la psicoanalisi?), spicca il volto di Freud coperto da una maschera color carne a cui sono stati aggiunti degli occhiali rotondi e storti. L’occhio sinistro è chiuso mentre il destro è schiacciato da un pomodoro: metà sputo, metà granata.
Cosa significa questo invito al delitto? Chi è l’autore di questo getto d’immondizia? Chi ha avuto l’idea di manipolare in questo modo una delle foto più celebri di Freud, realizzata nel 1938, la stessa che aveva ispirato a Salvador Dalí – un altro ingannato del XX secolo – il suo famoso ritratto?
Nella foto originale, si vede il volto martoriato di Freud. All’inizio del 1938, il suo cancro maxillo-facciale si estendeva fino alla base dell’orbita, proprio quella che qui è colpita dal pomodoro. Nonostante il progredire della malattia, Freud volle salvare le apparenze chiedendo al suo chirurgo di rimuovere un ateroma che gli impediva di curare la barba.
È il volto di questo Freud che il grafico ha scelto di falsificare, evitando comunque di sputare in faccia a un uomo in esilio, perseguitato dai nazisti e che, a quella data, aveva subito più di venticinque interventi chirurgici. Sì, è su questo volto, e in nome di un delirio scientista, che la gioiosa squadra di «L’Express» ha commesso il suo attentato.
Quanto al responsabile di questa sinistra farsa, egli ha l’abitudine di inventare, in nome della scienza, causalità aberranti del tipo «se alla roulette il numero sette è uscito dieci volte di seguito, ciò significa che non può uscire un’undicesima volta».
Lo testimonia il suo articolo sui Giochi Olimpici di Parigi, in cui spiega che ogni successo – Atene (2004), Pechino (2008), Londra (2012) – è sempre stato seguito da una catastrofe: la crisi del debito (Grecia), il ritorno al marxismo-leninismo (Cina), la Brexit (Gran Bretagna). E ne deduce che il successo parigino porterà inevitabilmente a un disastro politico: «L’indubbio successo di questi Giochi Olimpici – scrive – ha smentito i profeti di sventura. Ma, come ricorda l’esempio di Londra nel 2012, attenzione all’eccesso di ottimismo».
Leggendo tali sciocchezze, mi è tornata in mente la frase di Lacan che Françoise Giroud aveva adottato come massima di vita: «La psicoanalisi è senza effetto sulla stupidità» (Leçons particulières, p.127).